La metafisica della musica e la musica rivelata
«La lezione di piano» e «La lezione di musica»
di Luisa Turchi

La metafisica della musica, e la musica rivelata: due sono le «visioni musicali» suggerite nelle opere di Henri Matisse, La lezione di piano (New York, Museum of Modern Art, 1916), e La lezione di musica (Merion, PA, Barnes Foundation Collection, 1917), che costituiscono per dimensioni quasi un pendant. In questi due dipinti emerge al completo l’anima del pittore fauve, vero edonista del colore utilizzato come mezzo espressivo per sovvertire i criteri di verosimiglianza, in nome di un espressionismo dalle tinte squillanti, che pur sfociando in un decorativismo assoluto, produce una nuova percezione della realtà, istintuale e soggettiva. Una percezione filtrata dalla memoria dell’artista, che registra dapprima le sensazioni scaturite dall’osservazione di ciò che si appresta a dipingere, per poi rielaborarle in un tempo più lungo, riconoscendo nell’essenza del dipinto una rappresentazione del suo spirito. La lezione di piano esprime una visione mentale e quasi rarefatta della musica – concepita come un’entità matematica. Lo è per Pierre, il bambino al piano, figlio minore del pittore, che esegue pedissequamente le note dello spartito – volutamente anonimo, in quanto rappresenta non uno spartito particolare bensì lo spartito in genere – esplorando la perfezione degli accordi scanditi dal metronomo sul pianoforte, la cui forma piramidale si riflette nell’ombra scura e triangolare dell’occhio destro, a significare che il tempo della musica è stato da lui interiorizzato, finendo con il dilatarsi all’esterno nel verde triangolo della finestra, che assolve sia alle funzioni di «tenda» sia di paesaggio astratto. Una estrema sintesi si nota anche nella figura di donna seduta sullo sgabello, in alto a destra (ricordo del Ritratto di Germaine Raynal, New York, Museum of Modern Art, 1914) e nella statuetta di terracotta di nudo femminile in basso a sinistra. Ci troviamo di fronte ad un dipinto essenziale, in cui la ricerca della sintesi geometrica delle forme è quasi un imperativo. Forse per questo motivo, Matisse decide di cambiare direzione, per non diventare un manierista, e realizza così un secondo dipinto, completamente differente dal precedente. «Bisogna sempre preservare la freschezza dello sguardo e dei sentimenti; bisogna seguire il proprio istinto», dichiarerà infatti il pittore[1]. Ad una prima lettura, La lezione di musica della Collezione Barnes mostra un maggior naturalismo e colori più accesi, persino nella figura della donna seduta sullo sgabello, che acquista più consistenza rientrando in un vero e proprio quadro. Pierre non è più solo al piano: Marguerite, la figlia maggiore del pittore, siede con lui.

Se negli occhi aperti e attenti del primo si legge tutta la concentrazione che richiede l’esecuzione dello spartito musicale, nelle sopracciglia alzate e nelle palpebre chiuse della seconda vi è l’abbandono alla musica, che aspira a rasserenare anche la mente ormai lontana di Jean, secondogenito del pittore – la sigaretta fra le labbra e il libro in mano – appena chiamato alle armi a causa della Prima Guerra Mondiale. Le note disperse nell’aria sembrano persino raggiungere la malinconica Madame Amélie Matisse, intenta a cucire in giardino. E questa volta il pittore, la cui presenza implicita è sottolineata nel quadro dalla custodia aperta con il violino – uno strumento che ama suonare – non intende celebrare l’idea universale della musica, ma sceglie di rivelarci che la musica suonata è quella particolare e unica di Haydn. Il nome del noto compositore austriaco è infatti scritto sul libretto appoggiato sul ripiano del pianoforte.
Nella sua produzione pianistica, Joseph Haydn sviluppa la forma della Sonata in sé, muovendosi da un’estetica neo-barocca a quella classica, con uno sguardo rivolto anche al Romanticismo. Ed è quel tipo di musica che per Matisse apre l’interno borghese alla «giungla» del giardino, dalla vegetazione lussureggiante, ove ricompare la sensualità della scultura di bronzo Nudo disteso I (Maryland, Baltimore Museum of Art, Collezione Cone, 1907). Si tratterebbe quindi di una proiezione interiore dei protagonisti – evocata dall’intensità delle note musicali – una fuga dal sapore esotico dalla routine domestica che la quotidianità comporta, condivisa e rappresentata dal pittore in un cromatismo dai toni forti.
Versione cartacea:
La metafisica della musica e la musica rivelata.
«La lezione di piano» e «La lezione di musica», di Luisa Turchi
In: “Venezia Musica e dintorni”, Euterpe Venezia, anno IV, n. 17, luglio-agosto 2007, rubrica “Cose di musica”, p. 69.
[1] Matisse intervistato nel 1919 da Ragnar Hoppe, in Pa Visit Hos Matisse, Städer och Konstmärer Resebrev och Essäer om Konst, 1931; trad. Flam 1988, 171.