08 Finnegans - LUISA TURCHI, storica dell'arte, Giornalista

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Out There: Architecture Beyond Building.
11. Mostra Internazionale di Architettura
L’Architettura tra effimero e sperimentazione
di Luisa Turchi

Se è necessario spingersi oltre il costruito, perché l’architettura è meta-edificio, e non è da intendersi solo come “il costruire”, bensì come il “modo di pensare e di parlare sugli edifici” ovvero “ciò che permette di immaginare lo spazio che ci circonda, di collocarci nel nostro ambiente, di determinare il nostro rapporto con il mondo e con gli esseri umani che con noi lo abitano”, secondo quanto espresso da Aaron Betsky, curatore della Biennale di Architettura 2008 - in apertura alla manifestazione - allora la risposta non può che essere il delinearsi di una architettura come incontro tra visione e realtà, sogno e memoria, immaginazione e sperimentazione confluite in percorsi originali che, nella loro iterazione con le arti visive e mediatico-tecnologiche, portino ad interrogarsi sulla creazione o meno di nuovi luoghi possibili e futuribili, spazi vissuti ed eco-sostenibili, fruibili dall’umanità in toto come dal singolo: esperienze uniche che contengano in se stesse il germe dell’universalità. Out There apre alle infinite possibilità di una architettura non vincolante, interattiva.
L’Arsenale è teatro di installazioni di notevoli dimensioni e site-specific, che pongono l’attenzione su come sia possibile sentirsi a casa nel mondo contemporaneo, caratterizzato sia dalla globalizzazione che dall’autoreferenzialità dei linguaggi. Impossibile non prendere atto della S1ngletown di Droog e KesselsKramer, uno spazio urbano, astratto e metaforico, che evidenzia uno status quo che non potrà più essere ignorato nel prossimo futuro, a meno di una, forse auspicabile, inversione di tendenza. Quale abitazioni e oggetti d’uso per venire incontro alle esigenze dei singles, che diverranno un terzo della popolazione nel 2026, secondo un report dell’Australian Bureau of Statistics? Nove manichini per nove cittadini di differenti età e backgrounds, sospesi con le loro abitazioni fatte di luoghi comuni che li identificano (global opportunist, recently divorced, independent widow, 100k+Executive, air bound, solitude seeker...). Un life dress (video e oggetto) che si gonfia e nasconde completamente chi lo indossa proteggendolo da sguardi indiscreti, una reinraus, instant balcony design, da appendere fuori dalla finestra, in cui è possibile adagiarsi e respirare un senso di libertà, un messy, guardaroba nel quale riporre i propri abiti in maniera informale, un libro, Love & sex with robots, e un modo per promuovere finalmente l’iterazione fra singles, uno spazio coffee+pharmacy. E, naturalmente, case dai volumi definiti e ristretti, in cui i singles possono incontrarsi e vivere nella loro privacy (vedi la Spiral Step house, Amsterdam). S1ngletown è una città sulla quale riflettere, almeno quanto la Everyville degli studenti, oggetto di un concorso internazionale indetto da Betsky per contrastare l’immagine effimera, caotica e senza identità del rapido sviluppo delle città e periferie sorte intorno ai centri commerciali, ovvero lo squallore degli sprawl, “terre di mezzo”.
Roma capitale, in particolare, è inoltre oggetto di una nuova analisi capillare, con i progetti di Uneternal City, che prendono le mosse dalla riproposizione della mostra di Roma Interrotta, ideata da Piero Sartogo nel 1978: dalle visioni urbane utopiche ed elitarie concernenti l’area della Pianta settecentesca di Giovan Battista Nolli, prima delle trasformazioni seguite alla Unità d’Italia, al regime fascista e all’edilizia postbellica, all’espansione odierna della Roma di oggi, lontana dal centro storico e dai confini indefiniti, fra città e paesaggio. Uneternal City è anche un film a sei episodi, che si affianca alle proposte degli architetti con la forza visionaria del cinema.
La cellula base delle città rimane, tuttavia, la casa: l’abitare esprime infatti la centralità della nostra cultura architettonica. È il Padiglione italiano alle Tese delle Vergini, curato da Francesco Garofalo – L’Italia cerca casa-Housing Italy - a ripercorrere tramite videoclip e un muro di immagini di 350 metri quadri, il racconto della casa popolare nell’Italia dal 1930 al 1980, e a proporre nuovi progetti di case che si distacchino dal revival della “casa per tutti” per rispondere finalmente alle esigenze della “casa per ciascuno”. Di fronte alla bolla immobiliare e alla crisi dei mutui, alla ricerca di un abitare a misura d’uomo e più ecologico, ecco allora Housing evolution e la casa da 100k di Mario Cucinella architects: 100 mq per un costo accessibile di 100 mila euro, con pannelli fotovoltaici e materiali di costruzione eco-compatibili, a zero emissioni di CO2 (utilizzo di un tipo di calcestruzzo che presenta aggregati provenienti da materiali inorganici di riciclo ma ad alta prestazione). Una casa orientata alla socialità e adattabile a diversi stili abitativi (casa teatro, casa forum, casa bunker, casa focolare, casa officina). Lo studio Albori presenta invece L’ecomostro addomesticato, ovvero la riconversione abitativa - a canone sociale o a vendita libera - di uno scheletro edilizio abbandonato, quale la struttura incompiuta di una stazione ferroviaria che doveva servire per ampliare lo scalo di San Cristoforo a Milano, lungo il Naviglio. E mentre Cliostraat (Stefano Testa e Luca Poncellini) pensano ad uno spostamento della tendenza insediativa dalle città urbane ai monti, cresce l’interesse per le comunità migranti: basti pensare all’architettura meticcia di Abitare straniero. Mazara del Vallo di Marco Navarra_Nowa, o alla Savorengo Ker di Stalker/Osservatorio Nomade, nata da un lavoro di ricerca sullo stile di vita e le tecniche costruttive dei Rom, dopo l’esperienza di un cantiere-scuola al campo Rom Casilino 900 di Roma. Quest’ultima è una abitazione sperimentale, progettata e realizzata insieme dai Rom e dai Gagè, i non zingari. Ha struttura in legno, è flessibile, ampliabile, auto costruibile, più sicura e sostenibile di un container: 70 mq per 8000 euro di materiali e 11000 euro di manodopera.

Una architettura che va oltre, sperimenta, si riduce ai suoi blocchi primari: non a caso in questa Biennale il Leone d’Oro alla carriera è stato dato proprio a Frank Gehry, il genio della sperimentazione, che ha liberato l’architettura dai confini della “scatola”, dai limiti delle comuni pratiche costruttive. Leone d’Oro per il miglior Progetto di Installazione anche a Greg Lynn, con Recycled Toys Furniture: con il suo Blobwall, la tanto inveterata plastica dei giochi di bambini, materiale di scarto, diviene mattone di costruzione per mobili sperimentali, quali ad esempio armadi, appendiabiti, tavoli coloratissimi e divertenti, piegati e ritrasformati ad arte.
Secondo Zaha Hadid si deve pensare all’architettura e al design contemporaneo sulla base di sistemi progettuali parametrici. Il Parametricismo si baserebbe sulla distinzione di campi, concepiti come “pieni” e riempiti di un mezzo che è fluido. Vortici, spirali, onde, per sciami di edifici che fluttuano nel paesaggio: è il ritmo ondulatorio già da lei espresso in Lotus.

Ai Giardini, Leone d'Oro per la miglior partecipazione nazionale alla Polonia, con il progetto di Nicolas Grospierre e Kobas Laksa, Hotel Polonia.The afterlife of buildings, che provoca la discussione sulla “durabilità” dell’architettura. Il Padiglione è stato dotato di una vita alternativa, divenendo un posto ove dormire, un hotel utopico. Sulle pareti, immagini di edifici costruiti in Polonia, orgoglio della nazione, e visualizzazioni di cosa potranno diventare nel tempo. Per i curatori, Piatek e Trybus, “nella modernità liquida solo quello che è fluido, polisemico, in grado perennemente di rinnovarsi e ridefinirsi, ha la possibilità di durare”. Che ne sarà del Temple of books della monumentale biblioteca universitaria di Varsavia, quando tutti i libri saranno digitali? Eppure, si continua a restaurare o a progettare ex novo musei e biblioteche, luoghi di integrazione e scambi culturali per eccellenza: edifici aperti, vetrati, luminosi, inseriti in contesti urbani e in paesaggi naturali (Architect Sverre Fehn. Intuition-Reflection-Construction, mostra a cura del The National Museum of Art, Architecture and Design di Oslo, al padiglione dei Paesi Nordici-Norvegia; Store and Share-Museums and Libraries, al padiglione della Finlandia). Architetti che disegnano le loro opere sulla carta, architetti che operano quasi esclusivamente con il computer: il passaggio è sottolineato nel padiglione spagnolo, in Dal costruito all’architettura senza carta, che presenta progetti di biblioteche, un centro di arti sceniche, il recupero di una antica fabbrica per la conciatura di pellame trasformata in dimora privata. Impossibile non citare, inoltre, la Repubblica sudafricana, che dopo essersi aggiudicata la gara per l’assegnazione dei Campionati mondiali di Calcio 2010, per la prima volta nei 100 anni di storia della FIFA, presenta Locating 2010, in cui il “campo” - elemento che accomuna il contesto rurale, urbano delle township nella vita sudafricana - diventa non solo sito d’integrazione sociale ma epicentro figurato di prossimi processi multipli di conquista, inserendosi nello sviluppo di ristrutturazione economica, politica e culturale delle città sudafricane, divenuti veri e propri cantieri di infrastrutture, stadi e edifici ricettivi che non si limiteranno solo a Johannesburg (Soccer City). Forse, in tal modo, anche l’Africa incomincerà a sentirsi “a casa nel mondo”.
Aaron Betsky sostiene, tuttavia, che l’architettura abitativa non offre mai la quantità di spazio che ci si aspetta, o che si sogna: le abitazioni, infatti, “sostituiscono pavimenti alla terra, soffitti al cielo e vetrate all’orizzonte”. Sarà per questo, che nella Biennale 2008 non può mancare il “verde” non solo come progetto, ma anche come realizzazione e scoperta individuale.
Allo Spazio Thetis dell’Arsenale, una installazione è dedicata al progetto architettonico e paesaggistico dello studio dell’architetto Mario Occhiuto, un vasto Giardino italiano a Tianjin, a 100 km da Pechino. Mentre camminiamo nella penombra di una stanza, su una passerella, i nostri sensi sono catturati da suoni e immagini: sulle pareti si aprono finestre ad arco, che proiettano squarci del giardino, specchiantesi nella grande vasca artificiale sottostante, ove galleggiano le sculture rannicchiate e addormentate di Mimmo Paladino. I suggerimenti visivi e introspettivi, determinati anche dalle sculture di Maurizio Orrico e Giovanni Casellato, trovano successivamente la loro spiegazione nei pannelli didascalici che mostrano mappe e rendering del giardino. Tianjin è una città storicamente legata all’Italia in quanto sede dell’unica Concessione Italiana in Cina nella prima metà del secolo scorso: il parco sorge nell’area di una vecchia acciaieria dismessa, in periferia, in un terreno pianeggiante vicino al fiume Hai he. L’attenzione per l’ambiente si coniuga con la ricerca di funzionalità degli spazi secondo una precisa estetica: espressione di una contaminazione culturale tra Italia e Cina, il giardino trova la sua armonica unità formale nella fluidità dei percorsi delle linee della Venere del Botticelli, che si sovrappongono e fanno da trait d’union tra le zone paesaggistiche (parterre e belvedere, fontane e laghetti, giardino segreto, teatro e labirinto) con l’utilizzo della quasi totalità di specie botaniche autoctone, per assicurarne l’attecchimento e la miglior crescita. Da un giardino virtuale ad un giardino vero, con Gustafson Porter e Gustafson Guthrie Nichol, si giunge a Towards Paradise. Un luogo sospeso tra Porta Nova e il Rio delle Vergini, dove un tempo vi era un convento benedettino, demolito nel 1830, di fronte al grande bacino dell’Arsenale, ripensato come giardino-itinerario dello spirito. Dal Remember Store Room, edificio che è concepito come luogo sacro del ricordo di piante estinte, i cui nomi compaiono in latino su scaffali illuminati come lastre tombali, ai muri ricoperti di edera, al groviglio di rovi, al bianco sentiero di ghiaia che conduce al Nourishment Abundance, orto coltivato e sorvegliato da un moderno spaventapasseri in jeans, dove si può godere del rigoglio di frutti e verdure, conversare e pensare alla ricchezza di piaceri estetici e terreni della propria vita, fino all’ Enlightenment contemplation, una radura contemplativa, in cui si può sprofondare su morbidi cuscini bianchi, palloni come nuvole che invitano a guardare il cielo ed ad avere la propria personale illuminazione. Un viaggio nella consapevolezza e nella scoperta di noi stessi: “we must tend to our affairs, out there, beyond building”/ dobbiamo occuparci delle nostre storie, là fuori, oltre l’architettura.

Versione cartacea:
Out There: Architecture Beyond Building.
11. Mostra Internazionale di Architettura
L’Architettura tra effimero e sperimentazione
di Luisa Turchi
In: “Finnegans. Percorsi Culturali”, n. 14 (numero dedicato a Goffredo Parise), rubrica meditazioni estetiche, L’Amour Fou, Silea-Treviso, trimestrale, 12 /2008, pp. 70-73.
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