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Le stagioni del ritorno all’ordine.
Una nuova collezione d’arte italiana per Ca’ Pesaro
di Luisa Turchi

La Galleria d’Arte moderna di Ca’ Pesaro si arricchisce di una nuova collezione d’arte italiana, con grandi nomi quali Massimo Campigli, Carlo Carrà, Mario Sironi, Ottone Rosai, Scipione (Gino Bonichi) e Giacomo Manzù (Giacomo Manzoni). Si tratta di un comodato a lungo termine di 32 opere, un grande esempio di collezionismo virtuoso e una sfida per il futuro, come sottolineato da Gabriella Belli, Direttore della Fondazione Musei Civici di Venezia, che dimostra come sia possibile un progetto di valorizzazione e tutela del patrimonio artistico del Museo anche in base al confronto con nuove acquisizioni, grazie a rapporti di sinergia fra pubblico e privato.
La raccolta d’arte annovera dipinti e sculture importanti provenienti in origine da varie collezioni, come quella della scrittrice e mecenate Margherita Sarfatti, dell’editore Pietro
Vallecchi, del critico d’arte Raffaele Carrieri, dell’avvocato e presidente dell’Accademia di Brera Rino Valdameri, dell’ingegnere Alberto Della Ragione, dell’avvocato Pietro Feroldi, dell’industriale Carlo Frua De Angeli, dell’editore e critico Giampiero Giani, del commerciante Gianni Mattioli.
È incentrata sul periodo legato a “Valori Plastici” e “Novecento”, che ruota intorno al “ritorno all’Ordine”, ovvero al recupero di un linguaggio artistico figurativo che affonda le proprie radici nel passato, basato su un impianto strutturale di forme definite, solide, chiare e concluse. Ne è un esempio la sala dedicata a Massimo Campigli, artista che riscopre l’arte etrusca dopo una visita al museo romano di Villa Giulia, che si contraddistingue per le sue figure ieratiche basate su corrispondenze formali, ove la sintesi e semplificazione delle fisionomie e corpi gioca un ruolo determinante. La donna è vista nella sua bianca e dorata arcaizzante purezza e forza, fragilità e potere: da Le Amazzoni (1928), con le rigorose figure femminili «immobili in uno spazio senza orizzonte e sbalzate dal fondo come in un altorilievo», una in piedi e di spalle con i due cavalli e l’altra distesa a terra come un idolo rosso come il sangue, alle schive Donne con ombrello (1932), alla Donna velata (1946) e alla ricca Donna ingioiellata (1942). Le sue donne «hanno forma di anfore, di clessidre, di ghitarre – poiché vuol rappresentare la donna – come archetipo, nelle sue costanti, nella sua forma di ieri e di sempre, stretta in un rigido busto».
Mario Sironi, che secondo Margherita Sarfatti «ha appreso dagli antichi la lezione della misura, della compostezza e della sobrietà squadrata e semplice», è autore di una sensuale, mediterranea, Pandora (1924) con vaso, di un rigido Bevitore (1923-1924), prigioniero delle sue idiosincrasie, e ancora della spiazzante solitudine di grigie o scure Periferie urbane con figure ingigantite e gasometri, negli anni Venti-Quaranta. Sironi è presente anche con una Composizione per parete (1949) nella quale riprende l’esperienza murale in formato da cavalletto, con riquadri di scene nelle quali dialogano metaforicamente pittura, scultura e decorazione.

Il tema paesistico è altresì oggetto d’indagine anche da parte di Carlo Carrà, in alcune vedute liriche, improntate a un realismo plastico che ben si accorda alle sue sensazioni, come Marina a Moneglia (1921) e Tramonto sul lago (1922), realizzato sul Lago Maggiore a Belgirate, oppure Mattino sul mare (1928), solitario enigma metafisico di equilibri cromatici e geometrie visive con velieri in mare, in prossimità della spiaggia di Forte dei Marmi.
Anche Ottone Rosai raffigura paesaggi rurali come Paesaggio (1923) con volumi di case squadrati contornati da una vegetazione dalla resa più impressionistica, o figure “epiche” nella loro caratterizzazione e rude concretezza, come il Pandiramerinaio o venditore ambulante (1921) o i Giocatori di toppa senza volto (1920). Scipione si muove da una pittura di ispirazione arcaica a quella espressionista: in mostra dipinti degli anni 1929-30, il longilineo Cavallo infuriato, la baldanzosa Cortigiana romana, il Bozzetto per il ritratto del Cardinal Decano (Vincenzo Vannutelli), sua opera più nota, sensibile ai fasti della romanità cattolica e barocca.
Infine, Giacomo Manzù, con i suoi bronzi, quali il suo celeberrimo imperturbabile Cardinale (1952) dal piviale a campana, e la Ragazza sulla sedia (1949), in atteggiamento rilassato con le gambe divaricate e mani sulle cosce, due esempi di purezza lineare, insieme ai carboncini di nudi, Autoritratto con la modella (1943) e Donna con sedia (1947) che attestano la sua abilità tecnica.
«Una raccolta d’Arte moderna italiana»
Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’Arte Moderna - Venezia
Versione cartacea:
Le stagioni del ritorno all’ordine.
Una nuova collezione d’arte italiana per Ca’ Pesaro
contribution di Luisa Turchi
In “Venews”, n. 232, marzo 2019, rubrica “Arte in città”, n. 08 p. 36; Industria Grafica di Renato Valentini, Cadoneghe (Padova).