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Exodus contemporaneo.
Il sacro potere delle immagini di Safet Zec
di Luisa Turchi

Da sempre la pittura dialoga con la storia e con le religioni, in provocatoria antitesi o in armonia, specchio dei tempi nonché degli stati d’animo degli artisti, voci solitarie o interpreti di ciò che si definisce “comune sentire”.
Un artista internazionale come il bosniaco Safet Zec, non si sottrae a questo forte richiamo, partecipando con tutta l’empatia possibile e l’abilità pittorico comunicativa di cui è capace. Grande regista di moltitudini ed eroi senza nome, testimonia l’infinita tragedia dei perseguitati, di chi in fuga dalla guerra si ritrova straniero in terra d’altri, alla ricerca di una nuova vita.
Significative per intensità espressiva, le opere esposte alla Chiesa della Pietà di Venezia, immensi teleri dipinti a tecnica mista, formanti due polittici di dieci metri per tre. Nel primo, protagonista è l’umanità dolente e in silente attesa: uomini, donne e bambini abbandonati a se stessi, sinfonia di ombre e luci di corpi nudi o avvolti in sudari, bende e camicie nei toni del bianco, colore cardine di una purezza indomita ancorché dimenticata, con quell’impercettibile e netto filo color del sangue – cifra stilistica di Safet Zec – che corre tutt’intorno e si dispiega in mani infantili, verso un’alba di sogni e promesse mai sopite.
Il “pane della misericordia”, simbolo allegorico e cristologico, è qui emblema di una solidarietà popolare e condivisa. Nel trittico seguente, la marea composta come una partitura musicale dei migranti si disperde, il sole nascente lascia il posto all’oscurità che avanza nell’atroce vista del corpo riverso ed esanime di un bimbo, che si suppone affogato in mare, come evoca lo scafo di una barca poco distante sulla spiaggia. In entrambi si riconosce l’accuratezza del disegno e la dinamicità della pennellata, ora più decisa e ora più sfumata, nelle sue molteplici gradazioni. Un lavoro epico, personale (non dimentichiamoci che Safet Zec ha vissuto in prima persona lo sradicamento dalla propria patria e l’esilio ai tempi della guerra a Sarajevo) ma anche universale e biblico nelle atmosfere e nei suoi riferimenti iconografici.

Come evidenzia Giandomenico Romanelli, uno dei curatori della mostra, «non ci può essere dubbio che il linguaggio di Zec raccolga un’eredità artistica di formazione classica, accademica nel senso nobile e alto di un mestiere, quello della pittura, nel quale la conoscenza e la pratica, lo studio e l’indagine, il virtuosismo tecnico e l’esperienza fanno da supporto irrinunciabile alla realizzazione perfetta e sempre originale di un discorso poetico profondamente nuovo non meno che antico e solido».
La sua formazione artistica contempla i pittori rinascimentali e manieristi, i settecentisti e i pittori realisti e simbolisti ottocenteschi, per giungere al figurativo espressionista novecentesco.
Da Caravaggio, Tintoretto, Rembrandt a Lucien Freud, da Tiepolo a Francis Bacon, da Von Stuck a Sartorio fino ad Ettore Tito e Lovis Corinth: questi fra i modelli che lo hanno influenzato.
Per Enzo Bianchi, priore di Bose, «Safet non illustra, ma in silenzio rende invocazioni gli abbracci, le mani tese, le mani abbandonate. Raramente si è feriti da altre opere contemporanee come dalle sue: ferite che permettono all’altro di penetrare fino al nostro cuore e ci rendono capaci di com-passione». Poiché le sue tele, dove il colore “s’increspa sulle pagine del collage”, sono “intrise di storie, le nostre storie; di gesti, i nostri gesti; del nostro sangue e delle nostre lacrime”.
È maestro affermato nella calcografia, dall’acquaforte e acquatinta alla ceramolle e puntasecca. Un importante corpus di sue incisioni è ora esposto alla Scoletta della Bragora in Campo Bandiera e Moro. Notevole il ciclo di grandi lastre dedicate alla “Stampa dei cento fiorini”, omaggio a Rembrandt. L’artista vive e opera tra Sarajevo, Pocitelj, Parigi e Venezia, dove ha uno studio, visitabile su appuntamento, dinnanzi alla facciata palladiana della Chiesa di San Francesco della Vigna.
«Safet Zec. Exodus»
Fino 30 novembre 2017
Chiesa della Pietà, Scoletta della Bragora, Safet Zec. Studio, San Francesco della Vigna
Versione cartacea:
Exodus contemporaneo.
Il sacro potere delle immagini di Safet Zec
contribution di Luisa Turchi
In “Venews”, n. 219, novembre 2017, rubrica “Arte in città”, n. 05 p. 43; Industria Grafica di Renato Valentini, Cadoneghe (Padova).