04 Veneziamusica - LUISA TURCHI, storica dell'arte, Giornalista

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Compagna della gioia, medicina dei dolori
Sulla «Lezione di musica» di Jan Veermer
di Luisa Turchi

Musica Laetitiae Comes Medicina Dolorum[1].
Questa è la sententia latina, caratterizzata dalla consueta brevitas, impressa sul coperchio alzato dello strumento che la giovane donna, protagonista del dipinto La lezione di musica di Jan Veermer (1662-64, Londra, Buckingham Palace) si accinge a suonare: un virginale.
Presumibilmente di origine inglese, affine alla spinetta e quindi al clavicembalo, il virginale conobbe un momento di massimo splendore tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento, e nei paesi di lingua fiamminga venne chiamato più propriamente muselaar, caratterizzandosi per la cassa di tipo rettangolare e la collocazione della tastiera – solitamente a sinistra o destra, come qui – e per la disposizione delle corde leggermente oblique rispetto a quest’ultima.
«La lezione di musica» è appena cominciata: la ragazza, colta nell’atto di suonare, è vista di schiena, i suoi capelli formano un cerchio sulla testa, per ricadere ai lati del viso in morbide e lisce ciocche, secondo la pettinatura tipica del tempo; indossa un farsetto decorato ai bordi da passamanerie, sopra la camicia di tela di lino e la gonna di lana color azzurro cupo, sollevata su se stessa per mostrare la sottogonna cremisi. Vicino a lei, in piedi, appoggiato al suo bastone, c’è un uomo vestito di una casacca di panno scuro, la camicia di rensa con maniche strette in gonfiotti da nastri, il collare dalle bianche facciole rettangolari, non impreziosito da alcun merletto, e la banda che, ricadendo dalle spalle alla vita, interrompe la severità dell’abbigliamento con una nota di luce.
Possiamo solo indovinare come le mani della giovane si muovano sulla tastiera, e come la musica riempia il silenzio del signorile salone di una casa olandese seicentesca, con i pavimenti a riquadri di marmo, le cui venature sono appena suggerite da colature di colore, le vetrate delle finestre impreziosite dai decori del cloisonné, la grande tavola coperta da un tappeto arabescato, su cui non manca un orciolo bianco posto su un vassoio di peltro. C’è una sedia di pelle, contraddistinta da piccole e regolari borchie d’ottone sullo schienale rigido, sotto la quale è abbandonata una viola da gamba, descritta con meno dovizia di particolari di quanto userebbe fare il pittore di Delft, forse per non distogliere l’attenzione dallo strumento principale – a cui è dato maggior spazio nell’economia del quadro – che è pur sempre il virginale. Resta, tuttavia, la sensazione che la viola funga da contrappunto in una armonia ideale, la stessa che sembra fluire dal rapporto tra i due personaggi del dipinto. Rimane da chiederci: che cosa si poteva suonare in quella lontana mattina, rischiarata da una luce così bianca e intensa – la luce celebrata nei quadri di Veermer, per la quale è giustamente famoso – che dilata i confini spazio-temporali di un ovattato ambiente chiuso e domestico, giocato sui contrasti di toni freddi e caldi? Suggerisco solo un nome: Jan Sweelinck[2], il più grande compositore olandese del periodo di transizione fra il Rinascimento e il Barocco, autore di settanta Opere per tastiera, che consistono principalmente di Fantasie, Toccate e Variazioni. E forse proprio di una Toccata si tratta, ma non lo sapremo mai perché Veermer non ce lo dice e consegna ai posteri soltanto l’eco di essa: un’ eco magistralmente dipinta che solo i nostri occhi possono percepire.

Versione cartacea:
Compagna della gioia, medicina dei dolori.
Sulla «Lezione di musica» di Jan Veermer, di Luisa Turchi
In: “Venezia Musica e dintorni”, Euterpe Venezia, anno IV, n. 14, gennaio-febbraio 2007, rubrica “Cose di musica”, p. 61.

[1] Musica compagna della gioia, medicina dei dolori.
[2] Jan Sweelinck (Deventer, maggio 1562-Amsterdam, 16 ottobre 1621) compositore e organista presso la Oude Kerk, è famoso per le sue brillanti improvvisazioni all’organo e all’arpicordo. Come maestro, Sweelinck è di grande influenza e molto richiesto. Tra i suoi discepoli ricordiamo Andreas Düben, Peter Hasse, Samuel e Gottfried Scheidt, Paulus Siefert, Ulrich Cernitz, Jacob Praetorius, e Heinrich Scheidemann, fondatori della cosiddetta Scuola d’organo della Germania del nord, del diciassettesimo secolo. Le 254 Opere per canto di Sweelinck, che furono tutte stampate, includono 33 Canzoni, 19 Madrigali, 39 Mottetti (Cantiones sacrae, 1619), e 153 Accompagnamenti per Salmi. Le sue 70 Opere per tastiera consistono principalmente di Fantasie (Fantasia chromatica), Fantasie in Eco, Toccate, e Variazioni.
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